ll Babywearing, cioè il “portare i bambini addosso” con fasce o altri supporti porta bebè, non è soltanto un modo comodo di tras-portarli. Si tratta, in primis, di una pratica antica e da sempre usata in molte culture nel mondo per spostarsi insieme ai propri bambini in modo pratico e sicuro. Ma oggi rappresenta anche una vera e propria modalità di cura e maternage adatta a crescere i propri bambini. Modalità che, qui in occidente, nell’ultimo decennio sta godendo di una riscoperta e di una decisa rivalutazione.
Quali sono i vantaggi del “portare” per mamme, papà e bambini?
“Portare i bambini” è un atto di accudimento naturale e istintivo. Questo è dimostrato da diverse caratteristiche osservate sia nel bambino che nella madre che inducono a ritenere che il neonato si sia adattato, nel corso dei secoli, alla condizione di “portato”. Secondo questa visione, il “portare” è il comportamento biologico della nostra specie in risposta ai bisogni di protezione, calore e nutrimento della prole. E’ la soddisfazione di questi bisogni primari che garantisce una crescita ottimale dei cuccioli. E i vantaggi di questa pratica sono numerosi per entrambi, portato e portatore.
Per il neonato l’essere portato (in braccio o con uno supporto porta bebè che ne rispetti la fisiologia) significa sperimentare innanzitutto l’esperienza del continuum e soddisfare il bisogno primordiale di prossimità con la madre durante l’esogestazione. Il cucciolo d’uomo, infatti, nasce immaturo e da lei fortemente dipendente. Grazie al Babywearing, il neonato può sperimentare sensazioni molto simili a quelle vissute nel ventre materno: contenimento, calore, rumori familiari, movimento ritmico, nutrimento. Tutte sensazioni che contribuiscono al suo benessere e che lo predispongono ad un corretto e fisiologico sviluppo.
Il neonato, inoltre, riceve stimolazioni visive, uditive, dalla vicinanza dell’adulto. Questa condizione favorisce uno sviluppo psicofisico ottimale per il piccolo, che può così partecipare alla vita sociale della famiglia nel rispetto delle esigenze e degli spazi di ciascuno. Inoltre, con questa “intima” vicinanza, la madre impara a riconoscere immediatamente i suoi segnali e ad essere in empatia con lui, soddisfandone prontamente i bisogni.
Il portatore (colui che porta il bimbo: la mamma, il papà o la persona che accudisce il piccolo) ha le mani libere e può dare la giusta dose di attenzioni ai fratelli o portare a termine le proprie incombenze quotidiane con più semplicità. Questo, oltre all’evidente risvolto pratico, è dovuto al fatto che i bambini portati, sentendosi al sicuro, sono sereni, piangono meno e si addormentano facilmente.
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